“Il turismo? È fai da te, tutto nasce per caso” #finsubito prestito immediato

Per Elena il vino? «Mi ha dato respiro». E per Eleonora? «Casa. In vigna con papà fin da piccola». Sorelle Charrère, figlie di Costantino, che ha reinventato il sapere degli avi, la cultura del vino. Ed è stato il primo ad aprire la Valle a un mercato più vasto. Visionario al punto da essere deriso. Il primo a piantare il vitigno Chardonnay, poi l’idea di portare nel mondo la Petite Arvine, varietà di vite contesa, come primogenitura, tra Valle d’Aosta e Vallese. Elena ed Eleonora adesso guidano l’azienda Les Crêtes: produzione tra le 100 mila e le 350 mila bottiglie l’anno; 35 ettari di vigneti con 180 vigne in 11 Comuni valdostani. Ed è vicino il 50° anniversario del primo rosso imbottigliato da Costantino, La Sabla. Fare impresa, compito arduo. Entrambe sottolineano una mancanza e una necessità della Valle: «Ha bisogno di essere conosciuta e ci vuole una visione d’insieme».

Parlate di connessioni?

(Eleonora) «I turisti, soprattutto i giovani, sono molto interessati al nostro lavoro, ma la gestione di questi tour è fatta da noi, mancano, appunto, le connessioni con gli alberghi. Tutto è lasciato ai singoli. Noi viticoltori ci siamo consorziati. Siamo in 54, però, tutto è complesso, la promozione dovrebbe essere curata in modo corale».

(Elena) «La Valle deve sviluppare il turismo culturale connettendo enogastronomia, paesaggio e cultura. Poli in rete. Per poterlo fare occorre che le imprese si incontrino con gli assessorati regionali, gli operatori turistici, i tour operator».

(Eleonora) «Qui in Valle c’è facilità nell’arrivare alle istituzioni regionali, ma non è più tempo di chiedere e basta. Bisogna cambiare, portare tu le istanze. E per farlo bisogna muoversi insieme. Un tavolo di lavoro a cui sedersi, come consorzio viticoltori, con Regione, Institut agricole, Cervim, il centro per la viticultura di montagna, per discutere anche sulla ricerca».

Siete ottimiste per il vostro settore?

(Elena) «Il turista chiede un servizio attento e ci vuole una buona intesa tra aziende e una promozione che comprenda l’offerta nel suo insieme. E il vino non è un prodotto messo in rilievo, non come potrebbe. Ed è cresciuto da solo».

(Eleonora) «Prima della filossera, parassita che infestò i vigneti a fine Ottocento, gli ettari di vigne in Valle erano 2.000, adesso sono 500. Ma il settore è in crescita, i giovani mettono energia in questo settore».

(Elena) «Si può essere ottimisti, mentre in Europa si espianta, in Valle si pianta. Nell’ultimo anno 10 ettari in più che saliranno a 30 nel prossimo».

E l’agricoltura?

(Eleonora) «Primo ostacolo, lo spezzettamento delle proprietà. Il lavoro da fare è molto e difficile. Parlavamo di ricerca e confronto. L’agricoltura ne ha bisogno, il suo problema maggiore si chiama cambiamento climatico. Nel 2023 non c’era acqua. La politica deve pensare a nuovi impianti per trovare soluzioni, perché ci vuole prevenzione».

(Elena) «Bisogna parlare tra tutti per un sistema di regimazione. E quando dico tutti penso anche ai consorzi irrigui. Noi abbiamo costruito una vasca di raccolta a St-Christophe dove abbiamo un ettaro. Abbiamo fatto da soli, un po’ di aiuto è arrivato dopo. Sia chiaro, l’epoca dei contributi a pioggia è finita, deve finire perché non ha portato a nulla».

(Eleonora) «L’altro problema è quello dell’energia elettrica, costi enormi. Il paradosso è che nell’epoca della politica ambientale la rete non è capiente e così si perde energia per noi e per l’ambiente».

(Elena) «La rete non è pronta a assorbire la produzione del fotovoltaico. Gli impianti si spengono perché vanno in protezione quando superano il massimo del voltaggio secondo la norma nazionale. Questi picchi provocano danni. E te li tieni».

Torniamo al turismo, c’è qualcosa che manca?

(Eleonora) «Concretezza. Portiamo gente, ma come la gestiamo? Tutto pare nascere quasi per caso».

Che pensate della politica economica in generale?

(Elena) «Bisogna dare grande valore al percepito. Voglio dire che il modo di come presenti proposte alza il valore di ciò che offri. L’Alto Adige in questo è maestro. Si pensa che ciò che è finanziato dal pubblico porti ad avere un prezzo basso sul mercato. Non è così perché grazie a quel denaro puoi produrre grande qualità e per farlo aumenti i tuoi costi».

(Eleonora) «Ci vuole un marchio Valle d’Aosta. Un’etichetta di qualità. La nicchia di mercato si chiama Valle d’Aosta. Ma bisogna andare oltre, il marchio significa fare rete tra produzioni, ma anche servizi. E poi siamo figli del nostro territorio, dell’arco alpino che ci identifica nel mondo. Apriamo gli occhi, ricordiamoci che siamo nati come Carrefour d’Europe, ma ci mancano trasporti conseguenti».