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Sempre più italiani stanno scegliendo l’hinterland delle città di residenza come luogo dove acquistare una casa. Nel 2023 queste zone sono le uniche che hanno visto un aumento nella quota di nuove acquisizioni di immobili, passando dal 20,2% al 23,1% del totale. Tutte le altre voci, incluse le città di residenza stesse, hanno registrato un calo.

Tolte alcune eccezioni locali, il dato nazionale sembra evidenziare una tendenza netta. Chi può permettersi di acquistare una casa, ossia famiglie appartenenti al ceto medio, sta scegliendo sempre più spesso di lasciare la città in cui risiede per stabilirsi nei comuni delle fasce suburbane. La principale ragione è legata all’aumento dei prezzi delle case in città, ma anche alla difesa del proprio tenore di vita. Questi movimenti hanno però delle conseguenze, sia sulle città stesse che sui comuni circostanti.

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Per comprare una casa, gli italiani scelgono sempre di più l’hinterland

Un rapporto pubblicato dal Gruppo Tecnocasa ha individuato una particolarità nel mercato immobiliare italiano. La ricerca divide le persone residenti in un grande centro abitato e che hanno acquistato una casa nel 2023 in quattro raggruppamenti, a seconda di dove questa abitazione si trovava rispetto alla propria città di residenza.

  • Il 67% ha comprato casa nel proprio comune di residenza;
  • Il 23% ha comprato casa nell’hinterland del proprio comune di residenza;
  • Il 2,8% ha comprato casa in un altro comune capoluogo;
  • Il 6,4% ha comprato casa in un comune non capoluogo che non fa parte dell’hinterland.

Questi dati in sé mostrerebbero una tendenza degli italiani a rimanere nelle grandi città, ma se paragonati a quelli del passato mostrano una tendenza evidente. Rispetto al 2022, l’anno precedente a quello della rilevazione, soltanto l’hinterland ha incrementato la propria quota di acquisti di case. Se invece il paragone viene fatto con il 2019, ultimo anno prima della pandemia da Covid-19, ad aumentare sono tutte le categorie, tranne la città di residenza.

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  • L’acquisto di una casa nella città di residenza passa dal 74,4% del 2019 al 67,6% del 2023;
  • L’acquisto di una casa nell’hinterland della città di residenza passa dal 18,3% del 2019 al 23,1% del 2023;
  • L’acquisto di una casa in un altro comune capoluogo passa dal 2,1% del 2019 al 2,8% del 2023;
  • L’acquisto di una casa in un comune non capoluogo che non fa parte dell’hinterland passa dal 5,2% del 2019 al 6,4% del 2023.

Il trend a livello nazionale è evidente ed è confermato da quelli delle maggiori città italiane. A Milano ormai solo la metà degli acquisti di case avviene in città. A Roma la quota delle abitazioni comprate nell’hinterland è quasi raddoppiata, passando dal 7,6% al 14,3% in 5 anni. Napoli passa dal 16,0% a quasi il 25% in questo stesso dato. Verona lo triplica da un anno all’altro, passando dall’11,0% del 2022 al 36,2% del 2023. Le eccezioni a questa crescita riguardano città con percentuali di acquisto nell’hinterland già molto alte (Torino e Bologna, oltre il 30%), o città con hinterland poco sviluppati e mercati immobiliari diversi dalla media nazionale (Palermo, Genova).

Chi scappa dalle città: la fuga del ceto medio

Questi dati suggeriscono una tendenza nazionale in aumento del ceto medio ad abbandonare le grandi città per stabilirsi nell’hinterland. Dati confermati anche dal rapporto Istat sulle aree interne. In questa ricerca, Istituto di Statistica divide l’Italia in sei aree, delle quali al fine di questa spiegazione, due sono particolarmente interessanti: i “poli”, le grandi città, e le “cinture” i comuni confinanti o comunque vicini a un polo, quindi l’hinterland.

Tra il 2014 e il 2024, entrambe queste aree fanno registrare una diminuzione della popolazione, come in realtà ogni altra area designata dalla ricerca. Questo perché negli ultimi 10 anni la popolazione del nostro Paese è calata di circa il 2,25%. Di contro, i residenti delle città sono l’1,5% in meno, quelli degli hinterland l’1,3% in meno. Al netto della decrescita demografica quindi, le “cinture” crescono di più dei “poli”.

L’hinterland accoglie oggi circa 3,5 milioni di persone in più delle città, ma questo dato negli ultimi 10 anni è rimasto sostanzialmente stabile. Questo significa che l’aumento di compravendite dei case nei comuni della cintura potrebbe essere un segnale di un’inversione di tendenza, di un ritorno alla crescita di queste aree rispetto ai grandi centri urbani. Anche se l’acquisto di una casa è ormai riservato a una fetta particolare della popolazione: quella che parte dal ceto medio e continua verso le classi più agiate.

Una realtà messa in luce anche dal rapporto Nomisma sul mercato immobiliare del 2023, che fa notare come l’acquisto di una casa sia sempre più complesso: “La casa è impossibile perché l’inflazione duratura diminuisce il reddito disponibile, che ormai per più di 2 famiglie su 3 (68,6%) è inadeguato o appena sufficiente a far fronte alle necessità primarie” commentava nel rapporto stesso Marco Macatili Head of Development and Strategy di Nomisma.

Perché il ceto medio fugge dalle città

In assenza di sondaggi ampi e ricerche qualitative sul motivo per cui il ceto medi si stia spostando dalle città all’hinterland, si possono soltanto fare alcune ipotesi, legate al mercato immobiliare. Negli ultimi 30 anni il prezzo medio delle case in Italia è aumentato 14 volte più velocemente rispetto agli stipendi, stando ai dati Ocse. Istat ho poi confermato, con le recenti rilevazioni sul mercato immobiliare, che sono i centri urbani i luoghi dove il costo di una casa aumenta più velocemente.

Di conseguenza, le persone che fanno parte del ceto medio e che vogliono acquistare una casa, potrebbero tendere ad allontanarsi dalle città per difendere il proprio tenore di vita. L’acquisto di un’abitazione all’interno dell’area urbana comporterebbe il pagamento di una rata troppo elevata del finanziamento, che viene chiesto nella maggioranza delle compravendite. Questo metterebbe a rischio lo status stesso del nucleo come parte del ceto medio, riducendo eccessivamente il denaro a disposizione per le spese quotidiane e straordinarie.

Secondo i dati Tecnocasa, nel 2023 una famiglia media potrebbe permettersi di acquistare una casa del valore di 187mila euro circa, con un mutuo di 25 anni e una rata poco superiore agli 850 euro, ritenuta sostenibile. Il prezzo medio di un trilocale a Milano sfiora, secondo i dati Eticasa, i 400mila euro. A Bologna si superano i 340mila, a Roma i 300mila, a Napoli i 200mila. Si tratta quindi di una scelta tra il ridurre il proprio stato sociale per rimanere in città, oppure spostarsi a qualche chilometro dal centro mantenendo le proprie disponibilità economiche.

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Le conseguenze sulle città e sull’hinterland

Se un cambiamento di tendenza sullo spostamento della popolazione e in particolare del ceto medio verso l’hinterland è in corso, potrebbe portare a conseguenze anche serie sia sulle città che sui comuni della cintura. Bisogna però partire dal presupposto che questi spostamenti non avvengono per esigenze diverse da quelle descritte in precedenza, e quindi legate alle dinamiche del mercato immobiliare. Le persone non se ne stanno andando dalle città per esigenze lavorative. L’Osservatorio sul Mercato del Lavoro ha recentemente sottolineato come le migliori possibilità in ambito di carriera siano ancora stabilmente nelle grandi città come Roma o Milano.

Questo significa che, con ogni probabilità, chi si trasferisce nell’hinterland continuerà a lavorare nella città dove era residente in precedenza e questo potrebbe causare una serie di problemi. Il pendolare necessita di un sistema di trasporti adeguato. Non è un caso che l’unica grande città italiana in cui soltanto la metà degli acquisti di case avviene all’interno del territorio comunale sia Milano. Il capoluogo lombardo è dotato della metropolitana più estesa d’Italia, di un sistema di treni suburbani che raggiunge l’hinterland e di arterie stradali molto capillari.

La conseguenza più ovvia sarà quindi un aumento del traffico stradale e dello stress sui sistemi di trasporto pubblico locale e quindi la necessità di maggiori investimenti in questi ambiti. Al contempo le città potrebbero perdere abitanti, pur rimanendo luoghi di lavoro per milioni di persone. Questo comporterebbe una riduzione dell’indotto per il settore dei servizi locale, che rischierebbe di perdere clienti. L’ovvia correzione di mercato che dovrebbe derivare da una lenta riduzione della popolazione delle città potrebbe inoltre non avvenire a causa della vocazione turistica di alcuni di questi centri, che spingerebbe gli abitanti a puntare sugli affitti brevi e quindi a far diminuire di conseguenza la disponibilità di abitazioni.

Infine, questi movimenti potrebbero avere un effetto anche sui comuni stessi dell’hinterland. Il rischio in questo caso è duplice. Da una parte, l’afflusso di famiglie ad alto reddito in zone relativamente meno ricche potrebbe far nascere fenomeni di gentrificazione. Si tratta di un aumento dei prezzi di beni e servizi in aree che divengono improvvisamente appetibili per classi sociali più abbienti rispetto a quelle che tradizionalmente le abitavano. Un fenomeno che avviene spesso nelle periferie delle città quando queste vengono raggiunte da servizi di trasporto che le avvicinano, in termini di tempi di percorrenza, al centro.

Al contrario, i comuni delle cinture attorno alle città potrebbero rischiare di diventare dei dormitori. Luoghi in cui le persone abitano ma non vivono, mantenendo le proprie reti sociali e lavorative, oltre che ai loro interessi, in città. Questo favorirebbe un aumento dei prezzi delle abitazioni che non sarebbe seguito dall’arrivo di servizi adeguati, e farebbe crescere il rischio di povertà e degrado all’interno di queste zone.





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