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Una famiglia sterminata. Una città incredula, che non riesce a spiegarsi quanto sia accaduto. E per ora non riescono a spiegarselo neanche gli inquirenti che indagano sulla strage compiuta da Roberto Gleboni. L’operaio forestale di 52 anni nel suo appartamento di via Ichnusa a Nuoro ha sparato alla moglie Giusy Massetti, 43 anni, alla figlia maggiore Martina di 25, all’altro figlio di 10 e al vicino di casa 69enne Paolo Sanna, uccidendoli, prima di togliersi la vita.
Gli unici sopravvissuti sono la madre, in Rianimazione, e il figlio 14enne, operato al San Francesco di Nuoro dai chirurghi dell’Otorinolaringoiatria che gli hanno rimosso alcune schegge dalla mandibola. Quando le sue condizioni di salute lo consentiranno, sarà sentito dagli inquirenti in modalità protetta e col supporto di un tutore e di uno psicologo. Solo loro potranno aiutare gli inquirenti a ricostruire l’accaduto.
L’uomo, attorno alle 7 di ieri 25 settembre, dopo aver impugnato una semiautomatica calibro 7.65, regolarmente detenuta, ha iniziato a sparare contro la moglie. Ha rivolto poi l’arma verso gli altri due figli, di 14 e 10 anni: il primo lo ha preso di striscio ferendolo lievemente, il secondo lo ha colpito in pieno. Dopo si è diretto verso il pianerottolo e ha sparato contro Paolo Sanna, pensionato di 69 anni, proprietario della casa che i Gleboni hanno in affitto, nonché inquilino al terzo piano del palazzo, sceso al piano terra forse perché aveva sentito gli spari. Poi Gleboni è uscito di casa in tutta fretta e si è diretto verso l’abitazione di sua madre, contro la quale ha puntato l’arma ferendola al viso, fortunatamente in maniera non grave, prima di togliersi la vita sparandosi un colpo alla tempia in cucina.
“A casa stamattina urlavano tutti, papà e mamma avevano litigato”, sono le parole pronunciate dal figlio 14enne. La strage rimane ancora senza un movente. E il ragazzo superstite potrebbe aiutare a dipanare una matassa giudiziaria che attualmente si presenta impenetrabile. Gli investigatori scavano nel passato della famiglia. Nessuno tra parenti, amici e vicini di casa della coppia, interrogati da poliziotti e carabinieri, ha raccontato di dissidi familiari. Né ci sono state denunce o segnalazioni a carico dell’uomo. Nel racconto dei conoscenti della famiglia però, emergono le prime crepe: “Abbiamo saputo che Gleboni aveva problemi nel condominio, ha avuto reazioni sproporzionate per cose banali e faceva dei dispetti sui contenitori della raccolta differenziata. Era strano, ma quante persone strane ci sono nel mondo?”, racconta un vicino.
Le indagini – coordinate dai pm Riccardo Belfiori e Sara Piccicuto – proseguono senza sosta. Molte speranze di venire a capo del movente vengono poste negli accertamenti tecnici su telefonini e computer delle vittime e dell’omicida-suicida. Così come importanti saranno gli esiti degli accertamenti patrimoniali, già avviati dagli investigatori. I cinque corpi sono all’ospedale Brotzu di Cagliari, dove tra sabato e domenica saranno esaminati dal medico legale Roberto Demontis.
E mentre il dolore e lo sgomento si diffonde a Nuoro e in tutta la Barbagia, territorio che a memoria d’uomo non ricorda una tragedia simile, si prova a reagire. La preside della scuola frequentata da Francesco, Graziella Monni è impegnata nel supporto ai bambini per l’elaborazione del lutto: “Sgomenti, con il cuore a pezzi. Francesco, amore nostro” scrive la dirigente su Facebook. Mentre i compagni della piccola vittima depositano letterine e appoggiano un mazzo di fiori sul banco dello sfortunato compagno della Quinta B.
Il Comune di Nuoro, sabato alle 19, ha organizzato una fiaccolata “per esprimere solidarietà e vicinanza alla famiglia colpita dal tragico evento”. Si parte dalla casa di via Ichnusa fino ad arrivare in piazza Santa Maria della Neve davanti alla Cattedrale.
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