L’Islam, l’altra colonizzazione dell’Africa – la Repubblica #adessonews

L’Africa è stata stretta nella morsa di due colonizzazioni. Mentre la colonizzazione occidentale è stata più denunciata, la colonizzazione araba, con il pretesto dell’Islam, ha avuto un impatto maggiore sulla coscienza delle persone, a causa della religione, della coercizione e della vicinanza geografica. Non si è limitata a conquistare le élite, ma ha convinto le masse. È stata una manovra graduale, tanto più abile in quanto è riuscita a stabilire un’autenticità, a rendersi locale e a contribuire al processo di rifiuto della Francia, che pure l’aveva colonizzata, instaurando di fatto una comunità di destino politico e religioso.

Nel tempo questo Islam, che ha sovvertito i costumi, modificato il calendario, bandito la pluralità dei riferimenti e schiacciato alcune identità locali, ha formulato l’idea di una comunione necessaria tra due vittime dell’ordine coloniale occidentale. Esaltare questa religione, ciò che offre in termini di dogmi, diritti e benefici totali è quindi anche un modo per rifiutare l’Occidente. Nella guerra d’Algeria, la religione è stata utilizzata come strumento di resistenza all’ordine occidentale, attingendo alla triste eredità dei crimini coloniali. Le frange più radicali della religione, i letteralisti come i Fratelli Musulmani, attraverso Sayyid Qutb, hanno teorizzato questo scontro di civiltà molto prima di Huttington. In un mondo che ha visto la rivoluzione iraniana e l’11 settembre, la Umma è diventata una questione geopolitica nelle dispute post-coloniali.

Questa vicinanza non è così ovvia quando si prende in considerazione la Storia, data la natura sanguinosa della tratta degli schiavi arabo-musulmana. Questa narrazione opportunistica è fiorita anche grazie alle moschee e alla diplomazia della comunità religiosa, abilmente gestita dal wahhabismo. Questa internazionale dei dannati della terra ha spesso avuto come magnete l’Islam. Offre un contro-modello che, grazie alla sua grande trascendenza, estende il suo spettro, se necessario con la forza. All’incrocio di questi rifiuti ci sono quindi diverse bugie, un gomitolo di opportunismi. Nel caso del Senegal, questo rifiuto riguarda anche la resistenza anticoloniale di simboli religiosi come lo sceicco Ahmadou Bamba, che si è opposto ai colonialisti, ha esaltato l’autenticità locale e ha invitato i suoi seguaci a resistere. Sebbene i dettagli di questa resistenza debbano essere sfatati per motivi di giustizia storica, nella leggenda senegalese questa versione è data per scontata. Quella di una figura insuperabile che ha fondato una grande confraternita il cui potere è in crescita, con una vera identità e progetti politici e religiosi.

Tutto questo quadro di mondi immaginari, intrecciato con fatti reali ma anche con leggende ingigantite o addirittura riscritte, porta a situazioni bizzarre. Gli archivi coloniali, gelosamente custoditi, rivelano molto di più su numerose collaborazioni. La colonizzazione non è appannaggio esclusivo dell’Occidente. Né la schiavitù, che è stata anche interafricana, come studia con qualche difficoltà Ibrahima Thioub, con effetti meno drammatici della tratta degli schiavi arabo-musulmana e transatlantica. Questa confusione e incertezza sulla Storia non insegnata, questa incapacità di avere le idee chiare creano le condizioni per la sconfitta, perché l’altro aspetto del rifiuto ha a che fare con il contesto, l’impotenza, la frustrazione, la bile al centro del risentimento dove l’altro è necessariamente il colpevole, il responsabile.

È lo stato dell’Africa, in ultima istanza, a spiegare il carattere lancinante. Se il continente avesse superato i suoi problemi fondamentali, possiamo scommettere che il fatto coloniale verrebbe meno incriminato. Ma l’indipendenza, come abbiamo visto, non ha prodotto una rottura con il passato, né ha promosso l’ingegneria locale, e il costante bersagliamento dell’autoscopia come atto di tradimento apre questo campo, in ultima analisi conveniente, in cui nessuno è da incolpare se non la colonizzazione e le tragedie sopra elencate. Ecco perché tutta la disputa accusatoria, questo stampo della comunità di pensiero, ha prodotto l’imperdonabile incapacità di non voltarsi dall’altra parte, di tenere le due estremità, di produrre, di creare e di non cedere a questa tentazione di eterno vittimismo. Spesso suggella definitivamente l’incapacità di agire, di braccare il nemico, inevitabilmente esterno. Sebbene tutto ciò dia legittimità al risentimento, la storia africana non si limita alla colonizzazione.

Per quanto dolorosa, essa rimane una parentesi importante e decisiva alla luce di tutto ciò che l’ha preceduta, ma non racchiude l’interezza della Storia. La sopravvivenza delle sue forme non promette l’eternità. E, checché se ne dica, anche se il quadro è desolante, notevoli progressi stanno consentendo ai Paesi africani di forgiare il proprio destino, eleggere leader, governare e creare significato, perché l’“incompletezza” è la nostra condizione di società storiche. Confondendo tutto con i fatti, dimentichiamo che questa colonizzazione non ha necessariamente raggiunto sempre il suo obiettivo, che la resistenza fin dall’inizio ha mantenuto inviolato il cuore degli uomini. È questa colonizzazione che va esplorata, facendo emergere dal caos la buona notizia: nessuna colonizzazione riesce a sovvertire completamente. L’ibridazione e l’identità plurale sono la condizione umana. L’illusione è la purezza. La ricerca di quest’ultima, come ci insegna in molti modi il suprematismo nazista, è alla base del razzismo.

L’autore

Elgas è un giovane, brillante narratore e saggista senegalese che vive in Francia. Oltre a questo saggio, che ha suscitato grandi discussioni in Africa e in Europa, ha al suo attivo un romanzo, Maschio nero, di prossima pubblicazione da E/O. Elgas è anche un giornalista e anima la trasmissione radiofonica di RFI (Radio France International) Afrique, mémoires d’un continent.

Il festival

Dopo il successo della prima edizione, CaLibro Africa Festival torna a Città di Castello, dal 4 al 6 ottobre, rinnovando la collaborazione fra le Edizioni E/O e CaLibro Festival. Tra gli ospiti internazionali di quest’anno lo scrittore franco-congolese Érik Mukendi; l’intellettuale senegalese Elgas; lo scrittore gibutiano Abdourahman Waberi; dalla Nigeria la scrittrice Chibundu Onuzo. Nel corso del festival ci sarà un omaggio a Binyavanga Wainaina, scrittore e giornalista keniota scomparso nel 2019; e un omaggio di Pier Paolo Capovilla alla poesia di Ken Saro-Wiwa. Tra gli ospiti italiani Emanuela Anechoum, Saba Anglana, Riccardo Bozzi, Chiara Piaggio, Daniele Piccini, Giorgia Sallusti, Daniele Scaglione e Pietro Veronese,